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Considerata una sorta di frontiera del Grand tour, la Calabria venne visitata, tra il Settecento ed i primi del Novecento, da un manipolo di viaggiatori stranieri in cerca, soprattutto, delle vestigia della Magna Grecia. Questi temerari - chierici, aristocratici, archeologi, letterati, artisti - si muovevano in treno, in carrozza, a dorso di mulo, a piedi, girovagando per mesi in una regione di montagne impervie e di litorali infestati dalle paludi, priva di efficienti vie di comunicazione, resa insicura da bande di briganti. I loro diari di viaggio, oltre a rievocare l'epopea magnogreca e a constatare, con amarezza, la scomparsa di ogni sua traccia, si soffermano, talvolta, sui costumi di genti primitive, epigoni di un mondo contadino immutato da secoli.